Frammenti di quotidiano

Frammenti di quotidiano, vissuti alla luce della Parola di Dio

 

Ieri mattina,  anche a causa dell’arrivo della bella stagione,  mi sono data da fare per raccogliere le foglie del giardino  rimaste a terra dall’ultimo  inverno. Per quello strano impulso di risolvere un problema senza badare alle regole che ogni tanto prende anche me,  ho pensato di sbarazzarmi delle foglie accendendo un fuocherello. Di lì a poco la bassa pressione e la direzione del vento han portato il fumo nel giardino della vicina, che stava offrendo dei biscotti con tè ad un’ ospite.
Apriti cielo!  L’anziana signora si è agitata moltissimo e dandomi della maleducata minacciava di telefonare alla polizia locale.  Lì per lì ho cercato di giustificarmi dicendo che non era tutta mia la colpa e che comunque quella non era l’intenzione.  Ho provveduto a spegnere il fuoco e mi sono ritirata  in casa. Dopo un po’ sono uscita per raccogliere delle ciliegie dal mio albero,  quest’anno assai ricco di frutti.  Durante la raccolta mi è venuto in mente che la sera sarebbe stato bello partecipare alla Santa Messa feriale del paese vicino. A quella del mattino della mia parrocchia non posso  andare, da molti anni, da quando cioè si è ammalata gravemente mia madre,  che vive con me. Mi è venuto in mente quel brano del Vangelo dove Gesù dice che “se ti ricordi che qualcuno ha qualcosa contro di te prima di offrire la tua offerta va’ e riconciliati prima con tuo fratello“.  Mi sono armata di coraggio e ho confezionato un bel cestino di ciliege per la mia vicina.  Ho bussato alla sua porta e subito mi ha aggredita con male parole. L’ho ascoltata,  mi sono scusata per l’incidente, assicurandola che non avrei mai più acceso un fuoco in giardino  e le ho porto il cestino.
A sera, uscendo per la messa,  ho intravisto la vicina nel suo giardino.  L’ho salutata e lei ha ricambiato,  anche se mi è parsa un po’ perplessa. Al momento dell’Eucarestia ho ringraziato Gesù che mi aveva dato la forza di vivere una parola del  suo Vangelo.  Nel cuore conservo ancora oggi la gioia che mi sono ritrovata dentro. Mary

“Ero forestiero e mi hai soccorso”. E’ il tipico caso in cui siamo provvidenza l’uno per l’altro. Alla fine di quest’anno sentivo particolarmente l’esigenza di recuperare le forze, visto l’anno particolarmente impegnativo appena trascorso: alcuni ricoveri della mamma novantenne, della nipote più giovane, la situazione del lavoro che mi ha visto in prima linea anche per l’incarico di rappresentante sindacale, il mio impegno in un movimento ecclesiale ecc… Insomma, sognavo un periodo di vero, tonificante riposo. Il sogno purtroppo a fine primavera sembrò sfumare, a causa di alcune spese impreviste (una manutenzione straordinaria e costosa dell’auto e una bolletta gas particolarmente salata). E’ per questo che la disponibilità di Bruno [vedi sotto] è stata una vera provvidenza: la conferma che cercando prima il Regno di Dio tutto il resto arriva sovrabbondante. Bepi

Dopo la morte della mamma mi è stato chiesto se affittavo, per il periodo estivo, la sua abitazione ad una signora con figlia, genero e nipote (la casa si trova in montagna a 900 mt.). Per predisporre la casa, ho provveduto ad imbiancare tutte le stanze, sostituire il lavello della cucina e due gruppi di rubinetti. Gli ospiti, quando l’hanno vista, sembravano contenti del luogo e della sistemazione, ma la mattina seguente hanno deciso di ritornare alla loro casa, a P., accampando delle scuse inconsistenti, probabilmente perché intendevano pagare una locazione simbolica (io avevo chiesto una cifra inferiore alle tariffe in uso). A questo punto ho pensato di mettere l’abitazione a disposizione di qualche nostro volontario che avesse particolarmente bisogno di riposo e abitasse in località di pianura particolarmente bersagliate dalla calura, contro un compenso minimo, sufficiente a pagare le spese di gestione. Bruno

Ho sanzionato un autista polacco che con l’autocarro aveva provocato un tamponamento. Per continuare il viaggio doveva darci 35 euro, pena il blocco del veicolo.  Col collega non si riusciva a sbloccare la situazione, perché i soldi l’autista diceva di non averli. Mi è venuto in mente che conoscevo un sacerdote polacco, parroco in Umbria, che poteva fungere da interprete. Dal colloquio telefonico tra i due è emerso che effettivamente i soldi non li aveva. Il sacerdote mi ha chiesto di anticiparli di persona, ché alla prima occasione me li avrebbe dati lui. Così ho fatto, tra lo stupore del collega e la gratitudine imbarazzante del conducente. I soldi non son ancora arrivati, ma nell’intimo qualcosa mi dice che ho fatto un buon investimento con Lui, Dio. V.

Lunedì mattina è per tanti la partenza in salita della settimana e basta poco perché l’uomo vecchio che ci abita diventi protagonista. Poi, se trova  ragioni valide, chi lo ferma più! Verso le 9 di un lunedì di settembre stavo rientrando al comando della Polizia locale dal servizio viabilità assegnatomi, quando, nei pressi del parcheggio dell’ospedale, mi sento chiamare in lontananza da una signora di mezza età. Mi avvicino ma, ancora lontano decine metri, questa comincia, agitata, a inveire verso il parcometro che aveva ingoiato due euro senza darle ricevuta. Poiché il parcometro non rispondeva alle sue rimostranze, era il vigile urbano di turno responsabile di tutto. Per lei rappresentavo il Comune che prendeva i soldi ai cittadini, senza dare servizi adeguati, quindi… era colpa mia, e giù a inveire. Aggredito ingiustamente, il mio io voleva sbrigare la faccenda rispondendo per le rime e a tono come, esasperati, qualche volta si fa, ma, fresco di un incontro di famiglie in cui la sera prima ci eravamo spronati a vedere Gesù nel prossimo per superare le antipatie, ho assorbito lo sfogo rilanciando con l’ amore. Ho salutato  con un forte e solare “buongiorno”, invitando, implicitamente, la controparte a fare altrettanto e così infatti  si è verificato. Ho approfittato allora per sottolineare che se la seguivo nei suoi modi ci saremmo azzannati senza risolvere nulla. Sbollita l’aggressività, ho poi spiegato alla signora la soluzione semplicissima per il suo caso. Il mio  atteggiamento conciliante l’ha indotta a rendermi partecipe dei suoi affanni, di ciò che la rendeva aggressiva. Un marito malato di cancro in chemioterapia, senza i risultati sperati. Una situazione familiare pesante che doveva fronteggiare da sola,  con un disagio e malessere crescenti. Al termine del siparietto si incamminava verso l’ospedale visibilmente diversa in volto e con l’esperienza vissuta di una possibilità di rapporti diversi,  piu’ vivibili. Da parte mia la sottile gioia di aver sconfitto la sindrome da lunedì mattina. V.

Il vicino di casa ogni tanto tende, per dir così, ad affermare la sua idea di buon vicinato: quest’estate, come al solito, ha acquistato della legna per l’inverno e, incurante dell’ accessibilità al nostro ripostiglio per la legna, ha fatto svuotare il contenuto del ribaltabile del camion senza premunirsi che la legna a terra non chiudesse di fatto la porta d’ ingresso del nostro box, forse pensando di provvedere entro pochi giorni alla sistemazione della stessa sugli scaffali del suo. Il giorno successivo mia figlia, maggiorenne, intendendo riporre la bici e una carriola, si trova davanti alla sorpresa. Recatasi dal vicino a chiedere la rimozione della legna che impediva l’accesso, resta basita dal diniego di costui, che probabilmente non aveva voglia di provvedere subito all’operazione: “Se vi metto mano ora, devo sistemare poi tutta la legna. Se vuoi farlo tu…”. Mia figlia torna arrabbiata ed io ho un bel da fare per farla convinta che a volte i vicini Dio ce li dà per provare la nostra pazienza. Ma la pazienza non basta. Il giorno successivo decido di preparare un bel dolce e lo porto al vicino. Questi, sorpreso, lo accetta e subito lo assaggia. E’ così buono che mi chiede la ricetta per sua moglie. La mattina dopo la legna davanti al nostro box è sparita. Sempre quest’estate: mia suocera, anziana e assai golosa, conosce da qualche anno un periodo di regressione. Ha preso di mira i vasi delle mie fragole, eccezionalmente buone quest’anno. Non si accontenta delle piante di fragole che le ho donato l’anno scorso, ma di nascosto viene a mangiare le mie. Decido di superare, amando per prima, la piccola irritazione che comincia a prendermi dentro. Di buon mattino un giorno esco, scelgo l’unica fragola matura che trovo e gliela porto. Mi ringrazia felice. Tornando a casa, scopro che in realtà, nel folto delle foglie, altre due fragole sono maturate. Le raccolgo e le vado ad offrire a mio marito, il quale dice: “Una a me e una a te: come mai quest’estate riusciamo a mangiare le fragole del nostro giardino?”. A.

Dovevo riparare l’auto perché i freni funzionavano male; è una spesa imprevista e, con la povertà di entrate che mi ritrovo, sono un po’ preoccupato. “Gesù tu sai di cosa ho bisogno e mi affido a te!”.  Arriva il giorno seguente una raccomandata: un assegno circolare, relativo ad una domanda di rimborso fatta qualche anno prima; sono duecento euro, cifra che copre il costo dell’intervento del meccanico. G.

Una mia collega è a casa per infortunio; vive sola con due bambini di tre e otto anni. Qualche giorno fa le telefono e mi risponde piangendo; non so che fare. Decido di andare a trovarla, per chiederle se vuol parlare. Arrivo, ma è occupata con una persona. Il maggiore ha bisogno di essere accompagnato all’allenamento; lo porto ed esco poi a giocare con il più piccolo (riguardo a quest’ultimo, la mamma teme che soffra di autismo). Al ritorno, le dico: “Abbiamo giocato assieme ed è stato contento. Sta’ tranquilla!”. Lei mi ringrazia: “E’ la prima volta che esce senza di me!”. P.

A seguito di controlli presso la nostra azienda agricola, ci sono state contestate due “gravi infrazioni”. In realtà ambedue irrilevanti, se confrontate con quelle di aziende limitrofe. Semplicemente c’è uno stile, ci sono obbiettivi e metodi di produzione diametralmente opposti. La nostra azienda familiare da anni s’impegna seriamente sul fronte biologico (per quanto dipende da noi), costi quello che costi (qualità – tempo – lavoro), per prodotti che salvaguardino la salute dei nostri clienti. La vendita diretta della nostra produzione rende ancora più credibile il nostro impegno. Abbiamo sentito questa contestazione come una sconfitta del “bene”, ma sappiamo che essere “combattuti sul campo” aiuta a rettificare i propositi e a lavorare per un bene più grande. D.

Con una collega di lavoro c’è stata un’ incomprensione. Ho deciso, così, di mantenere con lei solamente rapporti di rispetto e niente più. Ho sperimentato però che questo atteggiamento non mi aiutava, anzi mi rendeva sempre più negativo, e non solo nei suoi confronti. Con difficoltà, ho perciò ripreso il dialogo, andando oltre il rapporto formale, guidato dal pensiero: ama per primo. E.

Le preoccupazioni nel gestire il personale sul lavoro a volte prevalgono sull’amore che devo a questi miei primi prossimi. Responsabilità e amore a volte mi sembra siano due dimensioni della vita opposte. Per questo, ogni giorno, cerco di ricominciare ad amare. S.

Il mese scorso mia moglie ha pagato la quota annuale di una attività a cui è iscritta la nostra primogenita. Con stupore scopre che, visto che l’iscrizione era stata perfezionata prima di una certa data, ha diritto ad uno sconto di 50 euro. 20 euro li abbiamo destinati subito alla comunione dei beni. C.

Ogni volta che posso per muovermi e andare a lavorare utilizzo la Panda a metano di famiglia: e lenta, fredda, scomoda, ma mi permette un buon risparmio che in parte destino alla comunione dei beni. M.

L’estate scorsa ho pensato che potevo recarmi al lavoro usando la bicicletta, e così per venti giorni effettivi ho fatto il tragitto di 50 km, andata e ritorno. Avevo pensato che cosi avrei potuto mettere da parte il corrispettivo della benzina risparmiata per gli indigenti. E’ stata un’occasione unica per recitare il rosario durante parte del percorso e di fare dell’ attività fisica, godendo della bellezza del territorio attraversato: la silenziosità del mezzo di locomozione mi infondeva pace e serenita interiore. E’ stata una vera soddisfazione raggiungere l’obiettivo, nonché un modo concreto per adottare uno stile di vita sobrio e rispettoso dell’ambiente. V.

Sono insegnante in una scuola elementare. Circa due anni fa mi sono ritrovato al centro di serie critiche da parte di alcuni genitori che hanno messo in discussione la mia persona e il mio lavoro in classe. Era una scuola paritaria ed avevo un contratto a tempo indeterminato. Nella scuola statale, invece, mi trovavo fuori graduatoria. Ho condiviso la difficoltà con alcuni fratelli, cristiani come me, puntando a non guardare a quelle persone come a nemici. Alla fine dell’anno mi trovavo con due prospettive: rimanere nella scuola, coprendo varie mansioni ma non quella del maestro di classe e senza la garanzia di una stima come docente, sgretolatasi mese dopo mese, oppure cambiare, senza sapere se e dove avrei trovato lavoro come insegnante o in altri ambiti. Avendo una famiglia e due bambini piccoli la preoccupazione era tanta ed ero molto provato sia a livello fisico che psicologico. Con mia moglie ho condiviso tutto fino in fondo; nel dialogo con i fratelli di cammino cristiano ho capito che serviva anche un confronto con qualcuno che vivesse nel mondo della scuola. Due settimane dopo ho incontrato due persone esperte che non avevo mai visto ne sentito prima, ma con le quali condivido lo stesso ideale di vita cristiana. Ho detto loro di tutto quello che avevo vissuto e delle possibilità per il futuro, paure comprese. Siamo arrivati così alla conclusione che era meglio lasciare il lavoro nella mia scuola (e la sicurezza economica) e provare a mettere in gioco la mia professionalità in altre realtà scolastiche. Nonostante la paura, mi sono fidato, e dopo aver definito la cosa anche in famiglia, ho subito cominciato a cercare una nuova scuola. Ora lavoro come supplente da due anni: ho lavorato in una scuola materna ed in una elementare. Sono stati due anni in cui ho ricostruito fiducia e passione per il mio lavoro. Al termine di entrambi gli anni scolastici ho avuto riscontri di rapporti costruttivi e di un lavoro sempre migliorabile ma apprezzato da colleghi e genitori. Certo, ancora oggi l’incertezza è grande: non sapere dove se e dove lavorerò il mese prossimo o quello dopo; non avere le vacanze estive pagate, non sapere se entrerò nelle graduatorie di prima fascia… Ma il ricordo della scelta fatta alla luce dell’unità chiesta da Gesu al Padre per i suoi mi dà sempre la tranquillità di essere al mio posto, momento per momento. G.

Nel mio lavoro in farmacia mi vengono richiesti alcuni servizi solitamente a guadagno zero, rimborso ad un anno, interlocutore l’Asl, fruitore il paziente. In quest’ occasione mi è stata chiesta la distribuzione di un prodotto che avrei acquistato ad un prezzo tre volte superiore al rimborso che avrei ricevuto. La soluzione più facile era negare la disponibilità e dirottare il paziente da un’altra parte. Mi sono invece preso a cuore la situazione, ho consegnato al paziente i prodotti necessari e ho iniziato una complicata mediazione burocratica con telefonate e visite all’USL. Alla fine la documentazione richiedeva ulteriori firme da parte del paziente, il quale però si era reso irreperibile nonostante varie telefonate. Sconsolato e arrabbiato, mi sono detto: “Basta! Mai più!”. Alcuni giorni dopo avevo un ulteriore appuntamento all’Asl per definire la pratica. Un’ora prima di partire arriva un ragazzo: è il fidanzato della paziente a cui avevo fornito il prodotto, è lui che l’assiste e la medica giornalmente; è mite e mi racconta l’esperienza di sofferenza della compagna, la difficolta di vivere e accettare la quotidianità. Senza accorgermi, accolgo con attenzione il suo vissuto; mi firma le pratiche. In quel momento con stupore mi rendo conto che la sua sofferenza ha cancellato la mia, lasciandomi nel cuore un sentimento di gioia. Ci salutiamo e, ripartendo, mi dice: “Sa, ieri lo specialista ha confermato che i prossimi ausili saranno di tipo diverso, molto meno costosi”. Ho capito che ogni giorno devo fare l’esperienza di perdere le mie ragioni, perdere il mio attaccamento alle cose e far morire l’uomo vecchio, per occuparmi, e non preoccuparmi, delle cose di questo mondo da vero discepolo di Gesù. G.

Quando ho del tempo libero aggiusto biciclette, che e sempre stata la mia passione. In genere vengono a prenderle persone che non hanno possibilita di avere denaro per vari problemi. Un giorno una signora mi chiede se ho disponibile una “Graziella”. La bici ce l’ho e lei mi da dei soldi per le spese di materiale e per il lavoro. Questi li ho offerti per la comunione dei beni della mia comunita.  C.

Per 1 anno e mezzo abbiamo ospitato in casa G., 19 anni, kossovara, bisognosa di residenza e di lavoro. L’ultimo figlio a lasciare il nido era andato a vivere da solo sette giorni prima e la sua stanza era libera. “Ero straniero e mi avete ospitato”, dira Gesu quel giorno. Giunta in Italia da bambina come minorenne non accompagnata, dal giudice minorile era stata affidata ad un’associazione, presso le case della quale era rimasta fino al compimento della maggiore eta. L’abbiamo accolta, ma aiutarla a smontare cio che non era armonioso in lei (orfanotrofio, cambiamenti di famiglie affidatarie ecc.) e a ricostruirsi una personalita idonea all’ inserimento nel mondo lavorativo non e stato facile, anche perche mio marito ed io non siamo piu tanto giovani. L’abbiamo dapprima aiutata a trovare il lavoro a tempo determinato con cui ha ottenuto il nuovo permesso di soggiorno. Poi, un lavoretto come commessa nei fine settimana. Infine, per un anno intero, si e trattato di sostenerla in tutto: due o tre fallimenti lavorativi, causati dalla mancanza di autocontrollo, e la mancanza di lavoro in generale rischiavano di immobilizzarla in uno stato depressivo che umanamente non faceva ben sperare. Con G. abbiamo scoperto nuovi aspetti della speranza cristiana, come ad esempio lo sperare in Dio per un altro che non ce la fa da solo. Trovare fiducia in se stessa e imparare a relazionarsi con gli altri: due obbiettivi a cui pazientemente abbiamo cercato di farla tendere, dato che da noi era giunta carica di tutta la tensione e le paure di chi non ha mai avuto una vera famiglia. Gesu pareva dire proprio a noi: “Qualunque cosa… l’avete fatta a me”. Nel comune dove viviamo non poteva ottenere la residenza. Alcuni mesi fa due sacerdoti l’ hanno aiutata a regolarizzare la sua situazione presso un comune vicino: la Provvidenza esiste. E, finalmente, un lavoro e arrivato anche per lei, in un paese confinante col suo di origine. Quando ci chiama, ora racconta di tutto cio che sta imparando e dei suoi progetti, come fa una ragazza della sua eta. A noi rimane il sentore che Dio ci avesse preparati a vivere un inatteso prolungamento dell’esperienza come genitori, nel segno dell’accoglienza e della gratuita. Anche di questo dono gli siamo infinitamente grati.   R.

Le misteriose vie della Provvidenza… Quattordici mesi orsono D., un conoscente col vizio del gioco che per anni ho cercato con altri, invano, di aiutare a guarire, si ferma con l’auto sulla strada dove passeggiavo e mi fa conoscere quella che sospettai subito – e a ragione – essere l’ultima sua “vittima”. Un uomo quasi sessantenne, che aveva perso praticamente tutto per eccesso di fiducia nella sua abilità di commerciante e per assenza di riferimento a valori che non fossero puramente umani. Lo chiamerò Gianni, ma non è il suo nome. Mi venne a trovare otto giorni dopo. Era in ansia per un affare di molte migliaia di euro in cui era entrato settimane prima. Aveva il timore di essere stato malamente truffato. La prima cosa che gli dico: ” Mica avrai prestato soldi a D. ? Forse non sai che ha il vizio, scommette tutto cio che gli viene in mano “.   ” Fatto, due giorni fa… “. Rispondo che non avrebbe più rivisto il suo denaro. La sua ansia cresce e quasi implorando mi chiede: ” Che cosa devo fare? “. Ricordo che gli risposi brevemente. “A questo punto della tua esistenza, visti i risultati, ti domando: che cosa c’entra Dio con te, con la tua vita?”. Lo sbalordimento di Gianni mi dice quello che poi, nei mesi successivi, salterà fuori: non entra in una chiesa da piu di trent’anni, ha un figlio ancor piccolo che non sa come guidare nella crescita, anche vista la separazione in atto chiesta dalla moglie. Cominciò così, più di un anno fa, un cammino che vedrà da un lato il signor Gianni sprofondare (esaurimento delle ultime risorse finanziarie, depressione, solitudine, giudizio sociale negativo, incapacità di pagare l’affitto e conseguente sfratto), dall’altro l’emergere di un sincero, anche se “imperfettamente motivato “, attaccamento dello stesso alla lettura della Bibbia e alla preghiera del Rosario, pratiche che gli avevo consigliato nel nostro primo incontro. Quando poi alcuni mesi orsono Gianni non ce la fece più a comprarsi da mangiare, mi sono accordato con il diacono di una parrocchia ad alcuni chilometri di distanza per ottenere settimanalmente una  borsa di viveri che ho provveduto a portargli in casa tutte le settimane. Non bastava. Perché non subisse l’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica, col consenso della moglie, ho provveduto al pagamento della bolletta con scadenza ravvicinata. Cercare di vivere il Vangelo ” costa “, a volte. Alla bolletta han fatto seguito negli ultimi mesi ricariche del cellulare, le spese di riparazione della bicicletta, medicinali, ecc., per un ammontare complessivo di qualche centinaio di euro. “Ti restituirò tutto”, mi diceva ogni volta, con un po’ di imbarazzo. Ho aiutato Gianni a vendere on-line il computer da lui acquistato un anno prima, e rimasto negli scatoloni. E un piatto di ceramica di valore. Ma i soldi finiscono. Due settimane fa, la prima lettera di sfratto. Gianni mi telefona disperato. “Cerchiamo di continuare ad avere fede”, dico a lui e a me stesso. Dio non abbandona le sue creature. Gesu dice: ” Bussate e vi sarà aperto “. Sento che Dio mi chiede di avere fede anche per Gianni. Con mia moglie preghiamo perché si apra una porta. Breve digressione. Del gruppetto di volontari operativi, nella Rete e non, che ho fondato quattro anni orsono e entrato quest’estate a far parte F., che vive a novanta chilometri da casa mia. Un mese fa F. mi presenta un caso veramente difficile, che cerca di seguire da quasi un anno: due coniugi gravemente disabili, che non riescono a tenersi una badante per più di qualche mese. Obiettivamente, il carico di lavoro è pesante. Dopo la preghiera mattutina, dieci giorni fa mi viene un’idea e un’ora dopo la comunico a F.    A fine settembre Gianni deve uscire dall’appartamento, con le buone o con le cattive. Propongo a F. di valutare la possibilità di far assumere Gianni come badante uomo per i suoi due.   F. esita un poco. Ha più esperienza di me con i depressi. Alla fine mi dice: “Senti, possiamo provare”. Ne parlo a Gianni, che tra le lacrime mi dice di aver ormai perso anche il rapporto con il figlio piccolo. Accetta, affermando che per lui ormai qualsiasi lavoro va bene. Stasera, a sette giorni dall’inizio del suo nuovo lavoro, ho ricevuto la telefonata attesa: “Sono contento! Ho un tetto e un contratto di lavoro, e potrei dire che i miei due datori di lavoro stravedono per me. Tu e F. siete per me strumenti della Provvidenza. Tra due anni riuscirò ad andare in pensione, ma credo che non li lascerò soli… “, mi dice, con un tremito nella voce. Mi torna nella mente la frase di Gesu: “I poveri li avrete sempre con voi”. Mi verrebbe di risponderGli: “Sì. Ma tu stammi vicino, resta con noi, in mezzo a noi. Questo ci basta. Tu conosci tutto: Tu sai che ti amiamo”. Nell’anima, stasera, con la gioia, e spuntato il desiderio di dire grazie, di essere per il tempo che rimane un grazie “vivente” a Dio.   A.

Il significato del mio vivere “oggi” è frutto di un percorso. Mi è stata diagnosticata una neuropatia progressiva fin da piccola e con lei condivido il viaggio della mia vita. Una tappa importante è stata all’età di 15 anni quando per un intervento alla colonna vertebrale sono rimasta più di 4 mesi a letto completamente dipendente da tutti per ogni mio bisogno sia fisico che sociale. Questo periodo lo vedo buio e luminoso. Buio perche in un attimo mi ha annientato ogni autonomia, ogni intimità, mi ha fatto provare la fragilità, la solitudine, la dipendenza.
Luminoso perché mi ha fatto guardare dentro il profondo del mio essere e scoprire una forza vitale prima sconosciuta, mi ha fatto cogliere la bellezza della vita ed il coraggio di viverla nonostante tutto. Ma ciò è potuto accadere grazie ad alcune persone che ho incontrato,  grazie a quel medico che ha creduto in me, mi ha dato coraggio e speranza ogni volta che arrivava il buio, grazie ad una voce calda e rassicurante che in terapia intensiva intuiva il bisogno che non riuscivo a comunicare, grazie ad un bicchiere d’acqua che desideravo tanto ma nessuno era così vicino da capirlo e la “perdita” di questo e tanti altri desideri: tutte cose che  mi hanno aperto il cuore e la mente. Così ho capito  l’importanza di chi mi stava vicino, delle loro esigenze e che anch’io potevo fare qualcosa per loro, per gli altri… dare un po’ d’acqua, questa è stata una grande scoperta, dava un senso al mio vivere. E poi ho capito che ciò che conta è l’essenziale, per vivere bene e felici non servono tante cose.
Questi due cardini: puntare all’essenziale ed essere attenta alle esigenze dell’altro sono sentieri guida del mio vivere, che danno senso alla mia esistenza, ma ogni giorno devo confrontarmi con i limiti che la mia malattia progressiva impone nel quotidiano e nel vissuto.  Per un periodo abbastanza lungo sono riuscita a mantenere la mia disabilità all’interno di una vita “normale”, attuando continui cambiamenti di strategie, cercando compensazioni e ausili che permettono di mantenere una certa autonomia.
Da un po’ di tempo la mia autonomia si è ridotta e con essa la sicurezza e capacita fisica; a volte sento rabbia, senso d’impotenza, tristezza e ritornano le domande di senso. Questi momenti di crisi, in cui il limite toglie ogni giorno una piccola cosa, possono trasformarsi in  un “perdere” continuo che mi riporta all’essenziale. Ora in tante cose non riesco più ad arrangiarmi ed ho bisogno degli altri: aspettare i tempi degli altri,  accettare i modi di vedere ed operare degli altri, anche se nella mia mente vedo già la soluzione e devo aspettare, aver pazienza. Questo esercizio continuo mi aiuta ad allargare ancora una volta il cuore e l’anima, per accogliere l’umanità che mi sta intorno, senza giudizio. Ecco, questa esperienza di crisi mi fa scoprire una nuova libertà. Se riesco a perdere la fretta, la mia idea, ecc. e accogliere l’altro che mi e vicino così com’e, mi sento libera dai miei limiti e spesso il rapporto con l’altro si rafforza e trova altre dimensioni. Non sempre però ciò è capito: sono consapevole che non tutti sono disposti a entrare in rapporto con il limite e mi è capitato di sentirmi diversa o non accettata. Questa rimane una ferita e in cuor mio chiedo che un giorno tutti possano provare quanto importante sia nella vita amare ed essere amati anche con uno sguardo o un sorriso. Io continuo a provarci.
Ho fatto un’esperienza che vi voglio raccontare: al lavoro, è venuta da me in ufficio una collega sindacalista, che non è del mio sindacato,  però mi ha in simpatia. Mi ha chiesto se poteva appoggiare momentaneamente le sue cose sulla sedia, poiché doveva parlare con i miei colleghi. Quando è tornata mi ha chiesto come stavo e così abbiamo iniziato a parlare di noi e di alcune difficoltà che incontriamo nella nostra vita. In quel momento ho sentito di poterle comunicare una mia scoperta: nell’accettazione del mio limite trovo la chiave di volta per vivere la mia vita. Anch’io, come lei, ho detto, nella realtà quotidiana mi devo spesso scontrare con qualcuno o con qualcosa, ma l’accettazione del mio limite mi aiuta. Appena ha sentito questa espressione, l’attenzione della mia collega si è fatta intensa, ha chiuso la porta e si è seduta. Poi, come un fiume in piena, si è aperta con me. Mentre parlava, mi sarebbe venuto da raccontarle la mia esperienza ma mi si sono spente le parole  sulle labbra, e ho capito che dovevo essere soltanto nulla, in ascolto. Ora lei stava come rileggendo la sua esperienza (con momenti molto duri, come l’operazione per un tumore) alla luce della scoperta che le avevo comunicato, e realizzando mentalmente che certe esperienze fisiche modificano anche la nostra psiche. Mi ha detto: “E’ proprio vero. Forse è proprio questo che io devo fare, accettare il mio limite, i miei limiti “.  A quel punto si è commossa. E stato un momento di Dio. Ci siamo abbracciate e lei mi ha detto: “Ci dovrebbero essere piu spesso momenti così”. A.

Tempo fa ricevetti  la somma di 50 euro per un servizio particolare. Cercai di rifiutare, ma la persona non volle sentire ragioni, dicendo di farne l’uso che volessi, magari per persone in necessita. Accettai, quindi, pensando a come impiegare al meglio quella somma.  Inseritala nel capitolo “provvidenza” del bilancio familiare, pensai poi che effettivamente avrebbe potuto essermi  stata utile, quella somma, dato che in quel periodo stavamo sostenendo spese non preventivate. E non ci pensai più.
Questa mattina, alla porta della chiesa c’era una persona, un immigrato, che trovo lì ogni domenica. Mi fermo a parlare con lui della sua situazione, dello sfratto che sta per subire dal posto (una baracca) dove vive con la sua famiglia.
Poi mi chiede un favore personale. Deve recarsi a giorni in patria per delle pratiche con l’ambasciata di là e ha bisogno di un aiuto. Mi trovo preso alla sprovvista, ma mi faccio spiegare la situazione. Capisco che non posso tirarmi indietro, il mio amore deve essere concreto. Apro il portafoglio e gli do tutto quello che ho. Erano 50 euro!
Dopo la Messa, lo riaccompagno in macchina verso casa. Ci salutiamo con molto affetto.
Rientrando, mi sono ricordato delle famose 50 euro che avevo ricevute di provvidenza e di quanto avevo letto questa mattina in uno scritto di sant’Agostino: «Da chi proviene quello che doni, se non da lui? Se tu dessi del tuo sarebbe un’elemosina, ma poiché dai del suo, non è che una restituzione! “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto?” (1Cor 4,7)». Ho ringraziato Gesù per la sua puntuale fedeltà, che non viene mai meno. Luigi

Recentemente presso l’azienda edile dove lavoro è stato assunto un ragazzo, che durante la pausa per il pranzo si ritrovava sempre a mangiare da solo, mentre il resto dei dipendenti, me compreso, di solito riescono ad andare a casa a pranzare. Ho sentito il desiderio di dover fare in modo che questo mio collega potesse sentirsi meno isolato nel nostro ambiente di lavoro e possibilmente anche offrirgli un pasto caldo in un clima familiare. Così ne ho parlato con mia moglie Tiziana e le mie figlie; loro hanno condiviso l’idea.   Abbiamo quindi iniziato questa esperienza di accoglienza; così, un giorno alla settimana questo ragazzo viene da noi a pranzo. Anselmo

Nella banca dove lavoro, ho scelto di svolgere la mansione di cassiere; lavoro assieme ad una giovane collega, assunta da un anno con contratto di formazione. Durante il giorno capita di scambiarci i soldi con una specifica transazione. A fine giornata la mia cassa quadrava, mentre alla mia collega mancavano 20 euro. Mi chiede se sono a posto. Ci penso un istante e – improvvisa illuminazione -: “Si, ho 20 euro in più”. Uscendo per ultimo, ripiano di mio il temporaneo piccolo ammanco di cassa. Tornando a casa penso tra me e me che lei, in fondo, e una brava ragazza, anche se un po’ diffidente verso gli altri. Almeno per oggi, penso ancora, avrà avuto la conferma che lassù Qualcuno la ama. Costantino

Faccio l’agente di commercio. Mi trovavo un giorno presso un importante cliente di V. , che mi chiede: “Voi siete presenti in tutta Italia?”. Gli rispondo di sì.  “Ecco, noi abbiamo un grosso lavoro a T., di parecchie migliaia di mq.”.  Faccio tra me e me i calcoli delle provvigioni che avrei potuto prendere, anche perché dentro di me c’era quella vocina che mi diceva “pensa a te stesso”. Ma mi è  venuto poi in mente un mio collega, della regione d’Italia in cui si trova quella città, che alla riunione commerciale d’ inizio anno aveva confidato a tutti  che, se l’anno entrante le cose fossero rimaste invariate, si sarebbe ritirato, perche era andata proprio male. Vincendo il mio io, l’ho chiamato subito, per dirgli dell’opportunità. Ho sentito il mio collega  felice come un bambino. Fatto ciò,  mi sono un po’ rammaricato, per la perdita di provvigioni sicure, ma nello stesso tempo mi sentivo a posto con me stesso. Mi uscì dal cuore spontaneamente un “Per Te, Gesù!”. Qualche ora dopo, nel tardo pomeriggio, mi chiama una ditta mai contattata prima, e l’interlocutore mi dice: “Scusi, è lei che ha fatto la proposta di un prodotto al comune di V. per una pista ciclabile lungo il fiume A.?”. Rispondo di sì. ”Perche noi abbiamo vinto l’appalto e senza pensarci molto ci siamo fidati del Comune, che ci ha dato il suo nominativo”. Lì per lì non ci avevo fatto caso ma, tornando a casa alla sera e facendo un conto rapido, ho capito che le provvigioni cui avevo rinunciato la mattina passando il lavoro al mio collega erano le stesse che mi sarebbero arrivate dal nuovo lavoro. Alessandro

Da anni metto in comune con i fratelli della comunità cristiana cui appartengo il mio superfluo. Pensavo di rivedere il mio impegno mensile, poiché a febbraio 2010 ho ceduto la mia attività per andare in pensione.  La Provvidenza però mi ha preceduto: la settimana scorsa una cliente di vecchia data, essendo degente in ospedale, mi ha chiesto di andare a tagliarle i capelli. In questa occasione altre due persone hanno voluto che facessi per loro lo stesso servizio. E ancora: questa settimana, con una telefonata, l’Associazione Artigiani mi ha chiesto di far parte di una commissione d’esame nella scuola per parrucchieri della mia città. Ho accettato tutti questi incarichi pensando di rendermi utile e nello stesso tempo per arrotondare la mia pensione. Il mio impegno mensile non cambierà. E’ proprio vero ciò che dice il Vangelo: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia ed il Padre non fara mancare il necessario. Gianni

Stamattina, uscita da messa, avvertivo la gioia infinita che mi accompagna in questi giorni. Mentre mi recavo al lavoro, mi veniva in mente il mio capo che e un po’ giù, in un periodo in cui le cose non stanno andando molto bene. E mi dicevo: magari, tu ti senti così perché le cose ti vanno piuttosto bene, ma come ti sentiresti se perdessi il lavoro?….eppure, sento che non potrei comunque non mettere la mia fiducia totale in Dio, sento che la fede mi porta in braccio e che niente di ciò che potrebbe succedere mi farebbe dubitare del piano d’Amore di Dio. Alcuni dicono: “Che succeda qualcosa a me, ma non alla mia famiglia: non potrei sopportarlo”. Io non riesco a fare di queste distinzioni. O ti fidi di Dio o non ti fidi. Io mi fido e, assolutamente, so che tutto quello che mi capita è amorosamente sorvegliato dal suo Sguardo. Lui sa!!
Non riesco (e non ho neanche l’intenzione di farlo) a spostarmi da questa sensazione meravigliosa di abbandono e felicità, che a volte mi fa sentire il corpo troppo stretto. Vorrei andare in Cielo, solo per non porre limiti a questa gioia, che mi sembra mi faccia scoppiare, che trabocca dappertutto! Gioia perche Dio mi ama. Gioia perche io posso amarLo!
E quindi amo…. amo la vita, amo la mia famiglia, amo il posto dove mi trovo, amo la terra dove poso i piedi, amo le persone che condividono la mia strada, amo il mio lavoro, amo il mondo meraviglioso dove mi tocca vivere, amo il dono della fede, amo Maria Santissima e tutti i santi e tutti gli angeli, amo la santissima umanità di Cristo, amo il suo Sacrificio d’Amore, amo la Mano di Dio che insegna e carezza, amo i miei sbagli, amo le volte che ho lasciato fare allo Spirito in me… amo, amo, amo!!!!!
L’unico modo che ho per canalizzare questo amore e quello di farlo passare per il tubicino stretto stretto della Volontà di Dio nell’attimo presente. Posso fare solo questo, e quindi devo farlo nel modo piu perfetto. E la mia unica possibilità, benedetta possibilità… e quello sto cercando di fare.
In Gesu e Maria, Flavia

Sono una nonna, vedova  da un anno e la prima di quattro sorelle. Tra noi quattro, come desideravano i nostri genitori, siamo sempre state molto unite. Il Vangelo, ci insegnavano, non è fatto per restare chiuso tra le mura di una chiesa. Di recente ne abbiamo fatto, di nuovo, l’esperienza: Francesco, il primogenito della più giovane delle mie sorelle, due anni fa cadde nella trappola della droga. Il giro era molto brutto: divenuto presto spacciatore, in meno di sei mesi si trovò a dover pagare una grossa somma di denaro a coloro che gliela fornivano. Per fortuna, si aprì con la madre.
L’alternativa non c’era, poiché era sotto grave ricatto. Preoccupatissima, mia sorella ci confidò la cosa. Avevamo ereditato ciascuna un campo di terreno coltivabile. Non abbiamo esitato a vendere ciascuna il suo, per offrire a nostro nipote la possibilità di uscirne pulito e definitivamente, a condizione che entrasse in una comunità per tossicodipendenti.
Da tre mesi, emigrato in un altro paese dell’Unione Europea, nostro nipote, che aveva chiuso con la droga, è stato nominato direttore alle vendite della società in cui lavora.
L’amore che Gesu ci ha indicato nella parabola del padre misericordioso fa davvero miracoli. Bruna

Sono studentessa all’Accademia di Belle Arti. Durante la settimana risiedo in un ostello per studenti, in città. Quando posso, vado a messa presso una comunità di frati vicina. A questa celebrazione serale, dove solitamente sono l’unica ragazza, una sera noto una studentessa come me e prendo posto vicino a lei. Mi accorgo che la mia vicina non partecipa ai canti e alla liturgia. Poi, al momento dell’Eucarestia, mi chiede se può partecipare, perché lei è greco ortodossa. Dopo la messa, incuriosita, la invito a venire in ostello da me. Le chiedo come si chiama e da dove viene. Luana ha un  viso gentile e arriva da un piccolo paese della Romania. In Italia per un anno di Erasmus, studia letteratura italiana ed inglese ed è entusiasta di questa opportunità che sta vivendo anche se,  mi spiega, era partita da casa molto scettica. Era a messa perché le piace la liturgia cattolica, ricca di canti. Ci accomodiamo in camera e lì inizia un dialogo che dura quasi tre ore. Nel suo paese l’ideologia comunista è ancora molto forte e la Chiesa Ortodossa sta vivendo un momento di profonda crisi, perdendo credibilità agli occhi della popolazione che vive una fede basata su un forte tradizionalismo e che non  è capace di confronto e dialogo. Mi spiega che sente una profonda sfiducia nell’essere umano, nella società e nel futuro, e che questo sta mettendo in crisi anche la sua fede. Parliamo di Dio, della Trinità, dell’individuo come creatura unica ed irripetibile che è continuamente messo alla prova dalla società di massa, che spersonalizza e che uniforma tutto e tutti. Poi le racconto la mia esperienza. Anch’io come lei non amo le folle, ma credo in una forma di incontro che ci è stata insegnata da Gesù, che trova radice nella verità e che tutto vince: l’Amore. Gesù ha detto: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato” e ancora “Dove due o più sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro”. Esiste quindi una forma d’incontro dove il singolo è accolto e può realmente arrivare a conoscere l’altro; soprattutto, come garante di questa unione c’è niente meno che Gesù. “Non conosciamo i tempi in cui arriverà la pace universale – le dico – ma possiamo credere che per il mondo c’è ancora speranza, noi siamo la sua speranza”. Luana e contenta. Le ridono gli occhi. Ci accorgiamo che l’ora e tarda e ci scambiamo le e-mail prima di salutarci. Sull’uscio ci ringraziamo vicendevolmente. Il tempo si è fermato, in quelle tre ore in cui abbiamo sperimentato un po’ di quella pace che chiediamo ogni giorno: “…come in cielo, così in terra”.    Monica

L’altro giorno ho sperimentato che ad amare a fondo perduto si riceve piu di quanto si dia. Mi capita di insegnare ad alcuni alunni stranieri in difficoltà dal punto di vista scolastico, causa la scarsa conoscenza dell’italiano. L’argomento riguardava la costruzione dei grafici. Ad un certo punto della lezione un’alunna cinese mi vuole spiegare perché la sua compagna di banco ha usato erroneamente un grafico anziché un altro, come invece aveva fatto lei. Dal mio punto di vista non era un errore usare l’uno al posto dell’altro. Non mi sono pero arroccato al mio sapere, anche perché cosi avrei permesso alla ragazza di esercitarsi nella lingua italiana. La spiegazione richiedeva l’uso di parole nuove. Sentivo che questo mio atteggiamento non era comunque sufficiente, se volevo amarla veramente come chiede Gesù. Dovevo farmi uno con lei fino in fondo, mettermi cioè nell’atteggiamento di ascolto totale, senza pregiudizi nei suoi confronti e senza superbia. Sarà stato in parte per questo mio atteggiamento, che l’ha forse favorita nell’esposizione delle sue idee, tant’è che è riuscita a convincermi che aveva ragione lei: per la prima volta ho capito la sostanziale differenza fra i due tipi di grafici. Fino ad allora, per me, uno valeva l’altro. Ho imparato così da una ragazza straniera di 16/17 anni concetti matematici e logici che prima non conoscevo. Ho imparato sopratutto che per imparare non serve solo impegno, attenzione, studio, ma anche amore. Ho imparato che perdere qualcosa di sé per amore dell’altro in nome di Gesù ripaga sempre. Una logica che ha forse poco di razionale, ma tanto di divino. Luigi

Tempo fa una nostra amica confidò a mia moglie di avere delle difficoltà finanziarie. Dovendo partecipare ad una scuola di specializzazione per il suo lavoro, aveva bisogno di una certa somma; pagando anticipatamente le avrebbero scontato due rate della somma totale. Il tentativo fatto con la banca l’aveva scoraggiata: oltre agli interessi, avrebbe dovuto presentare adeguate garanzie. Parlando con mia moglie, abbiamo visto insieme che avremmo potuto aiutarla anticipando noi quella somma. Quando le portammo la somma, senza chiedere interessi e garanzie, il suo viso si illuminò di gioia, ci ringraziò tantissimo e ci assicurò la restituzione nel più breve tempo possibile. Abbiamo così potuto sperimentare una doppia gioia: di aver fatto felice una persona e di avere vissuto concretamente la Parola di vita di quel mese: “Qualsiasi cosa avete fatto al minimo l’avete fatto a me”. Gianni

Da un anno lavoro in un nuovo ufficio dove siamo in 12, con turni che coprono le 24 ore. Ho cercato di creare dei rapporti, in un ambiente non molto sereno. Con un giovane collega, in particolare, si è instaurata un’amicizia bella e profonda. Circa un mese fa, dopo che questo amico era a casa per malattia per alcuni giorni, veniamo a sapere che gli è stata diagnosticata una rara malattia che lo avrebbe tenuto lontano dal lavoro per un lungo periodo. Avrebbe dovuto sottoporsi a lunghi cicli di sedute in camera iperbarica. Dato che l’ambulatorio più vicino dotato di camera iperbarica si trova ad una cinquantina di chilometri dalla sua abitazione e lui non puo guidare, la moglie avrebbe dovuto accompagnarlo ogni giorno, lasciando i due figli piccoli per molte ore a casa con qualcun altro. Parlandone a casa con mia moglie, abbiamo pensato che avrei potuto offrirmi di accompagnarlo io, qualche volta, per essere di aiuto. Il primo giorno passato con lui è stata per me un’esperienza forte, di condivisione e di amicizia; mi sono reso conto che potevo essere davvero utile ma capivo che c’era bisogno di fare di più. Il giorno seguente in ufficio ho cominciato a parlarne con gli altri colleghi, raccontando l’esperienza vissuta. Dopo qualche giorno di perplessità, con mia grande gioia, è partita una gara di solidarietà che si è concretizzata con l’istituzione di un vero e proprio turno di servizio al quale molti hanno voluto contribuire. Tutti i giorni di dicembre sono stati così occupati da coloro che volevano contribuire di persona. Anche chi all’inizio si era dimostrato meno sensibile aveva finito per aderire con slancio all’esperienza. Pure lo stare insieme al lavoro ha risentito di questa atmosfera di solidarietà. L’ esperienza sta continuando e anche persone di altri uffici hanno chiesto di poter partecipare. Alcuni giorni fa il collega in cura mi ha telefonato felice e in tono scherzoso mi ha chiesto di lasciare in calendario qualche giorno libero, per permettere alla moglie di accompagnarlo… Antonio

In pensione da anni, aiuto di tanto in tanto i figli ormai adulti nel lavoro dei campi. Un giorno, arriva a casa mia un contadino la cui terra confina con la nostra: appare nervoso, forse a causa della siccità prolungata. Pretende di irrigare il suo appezzamento di terreno nell’orario a noi assegnato. Dimentica persino di fornire almeno una giustificazione. Potrei fargli notare che la sua è una pretesa che non sta né in cielo né in terra, ma decido che anche lui è un prossimo da amare: sorvolo sulla maleducazione mostrata in maniera tanto palese e con un sorriso lo tranquillizzo, invitandolo a prendersi pure le nostre due ore di acqua assegnate. Dopo due ore e mezza, quel vicino ritorna più calmo e mi dice che se mi va bene posso usare le sue ore di irrigazione. Mi reco alla deviazione del canale e incontro il proprietario che deve irrigare dopo di me. Questi mi dice che devierà l’acqua tre ore dopo, dato che il suo ruolo parte dal primo pomeriggio. Sono felice anche per i miei figli, ai quali, per non farli inutilmente arrabbiare, ho taciuto l’episodio del mattino. Ho potuto irrigare in abbondanza e con tranquillità, ma soprattutto ho sperimentato il centuplo promesso dal Vangelo a chi decide di ” perdere” per amore. Giuseppe

Al lavoro in officina siamo in 15 operai; uno di questi è spesso isolato da tutti per il suo carattere difficile. Nonostante tutto, ho sempre cercato di volergli bene in tante maniere, ad esempio cogliendo le occasioni opportune per scambiare qualche parola. Un pomeriggio di qualche giorno fa è lui che viene da me e mi propone di assaggiare uno dei suoi buonissimi caki. Sinceramente, non ne avrei proprio avuto voglia. Guardandolo negli occhi, ho capito che per lui era importante e per me era un’occasione… Ho così mangiato il frutto che lui aveva scelto per me. Non è semplice da spiegare a parole: nei dieci minuti che ho trascorso con lui mangiando ho provato dentro una gioia e una pace che mi hanno riempito il cuore. Giuseppe

Quella riunione di lavoro dovevo organizzarla io e volevo farlo bene, perché si trattava di stimolare la discussione su temi di grande attualità per la nostra azienda. Ci pensavo da due settimane e avevo un’idea di massima su come stimolare la riflessione, ma dovevo anche trovare il tempo per concentrarmi sull’argomento, rifletterci su e stendere un canovaccio. Avevo deciso di farlo durante la pausa pranzo che trascorro solitamente all’interno dell’azienda, ma ogni giorno accadeva che, mentre ero in pausa, venivo intercettato da vari colleghi: chi aveva bisogno di un parere tecnico, chi di un aiuto per un problema di produzione, chi di un consiglio personale. Sebbene fossi in pausa, ho ascoltato ciascuno e, quando necessario, mi sono spostato per andare a vedere di che si trattava. Cinque giorni prima della riunione ho distribuito l’ordine del giorno. L’indomani avrei pensato a come stimolare la discussione. Il giorno dopo, invece, una collega mi ha chiesto di recuperare dei documenti e di sbrigare qualche faccenda in posta. In cuor mio ho detto: “Va bene, io amo questa persona, ma TU mi aiuti a preparare bene le mie riflessioni in modo da essere arricchente e stimolante per gli altri, in modo che la riunione vada bene”. Sono riuscito a concentrarmi un po’  il sabato pomeriggio, mentre mio figlio piu grande faceva i compiti e gli altri due dormivano. Il lunedì e il martedì successivo le situazioni si sono ripetute, anche se al bar sono riuscito a formulare alcuni spunti, giusto per non arrivare con nulla di scritto in mano. Con mia grande sorpresa e gioia la riunione poi è andata bene, indipendentemente dai miei spunti: quasi tutti sono intervenuti sugli argomenti in programma e hanno esposto le loro idee, sicché la serata è risultata interessante e arricchente per tutti. Per me è stata una dimostrazione ulteriore del fatto che amando non si perde tempo! Matteo

Al bar avevo ordinato un toast tagliato in due parti. Servito che mi fu, entra una signora ROM e mi chiede se gliene do metà. Subito le ho risposto di sì e lei, sorpresa, ha cominciato a mangiarlo. Le persone che hanno assistito alla scena hanno cominciato a deridermi dicendo: “Ecco il buon samaritano!”. Ma nel mio cuore risuonavano solo queste parole : “…avevo fame e mi hai dato da mangiare…”. Giuseppe

Al supermercato la cassiera, a causa anche della gran ressa, si dimentica di mettermi in conto 4 pizze. Me ne accorgo quando sto caricando la spesa in macchina. Mi vien da pensare che in fondo è responsabilita della cassiera, ma torno indietro e le pago. La cassiera, esterrefatta, mi ringrazia e mi dice: “Fossero tutti così…”. Luigi

Durante un pranzo coi colleghi di lavoro, parlando di varie cose, si è saputo che svolgo alcuni servizi in chiesa, tra cui la distribuzione dell’Eucaristia. Un collega ha cominciato a prendersi gioco di me, stimolando le risate di altri e scherzando su argomenti seri come sono le scelte personali di vita. In quel momento non ho saputo difendermi, tuttavia son riuscito a mantenere la calma: evitare che la situazione degenerasse mi sembrava il modo migliore di amare i colleghi che mi deridevano. Un paio di colleghe, poi, mi hanno dimostrato la loro solidarietà, riferendomi del loro dispiacere per quanto successo. A casa ho provato una grande gioia. In camera mia, davanti ad un’immagine di Gesu, ho capito che da quanto era successo che il mio amore verso di Lui era puro, perché in qualche modo provato di fronte alla derisione degli uomini. Ho sperimentato una gioia immensa, indescrivibile, quasi mi mancasse proprio questa esperienza per dire a Gesù: “Ora sono sicuro che desidero amarti… ora lo sai anche Tu”. Ero talmente pieno di gioia che quel giornoho recitato i Misteri gaudiosi del Rosario, senza rendermi conto che era venerdì. Stefano

Sono andato a mangiare a mezzogiorno con un mio collega di lavoro in un bar della zona industriale. Al momento di pagare il conto il collega si è offerto di pagare anche la mia parte, dimenticandosi però di dire alla cassa che avevamo preso anche dell’acqua. Uscendo dal bar io avevo raccolto lo scontrino. Preso atto che effettivamente l’acqua non era stata pagata, la sera sono passato dal bar e, scontrino alla mano, ho consegnato il denaro che dovevamo. Il proprietario del bar è rimasto molto sorpreso e mi ha detto che ero stato gentile a tornare. Ha voluto offrirmi qualcosa da bere. Marco

Non stavo ancora bene, tuttavia sono andato al lavoro, perché un mio collega era fuori per addestramento e avevamo numerosi progetti da chiudere entro la settimana.
Stavo facendo delle misure in laboratorio quando mi avvicina una mia collega. Inveisce pesantemente contro di me, con un linguaggio inaspettatamente e straordinariamente volgare. Li per li, sono rimasto a guardarla senza capire; poi, ho cominciato a riflettere su quanto era accaduto, sentendomi trattato ingiustamente. Cosa avevo fatto, io, per innescare una tale reazione?
Ho pensato: “Voglio trasformare questo male in bene”, e ho cominciato volendo più bene ai miei colleghi. Sentivo che la cosa con questa mia collega era rimasta in sospeso e andava risolta. Durante la pausa pranzo ho mangiato malvolentieri: rientrando sarei passato davanti al suo ufficio e avrei dovuto io fare il primo passo, ma ero angosciato dal non riuscire a trovare le parole per essere cortese e mantenere la calma, senza aggredire. Ad un certo punto ho chiesto a Dio: “Io voglio solo il bene. Se ho fatto qualcosa di sbagliato nei suoi confronti, mi piacerebbe che me lo spiegasse per non ripeterlo, anche perché ho una buona considerazione di lei come persona e come collega che sa fare bene il suo lavoro.Mi devi aiutare Tu: io cercherò di essere solo amore per questa persona e Tu mi metterai in bocca le parole giuste”.
Arrivato nel suo ufficio, lei non c’era, ma l’ho trovata vicino alla macchinetta del caffé. Ho chiesto se potevo parlarle. Lei mi ha fatto cenno di sì e allora ho cominciato il mio discorso; lei inizialmente si è trincerata dietro un mezzo sorriso ironico e incredulo, pronta a ingaggiar battaglia, ma quando ha sentito che le chiedevo scusa e che non stavo controbattendo o accusando o accampando scuse pretestuose, è rimasta disarmata. Il chiarimento è stato rasserenante e sono riuscito a capire in che cosa l’avevo involontariamente ferita. Sono riuscito a capire anche come comportarmi con lei in futuro. Alla fine mi ha persino elogiato per la mia calma e pacatezza, qualità che lei ha detto di invidiarmi un po’.
Rientrato nel mio ufficio, la mia gioia era incontenibile. Mi ero tolto di dosso un peso. Ho ringraziato Dio cantando il Padre nostro a voce molto alta… ero ancora in pausa pranzo e non disturbavo nessuno! Matteo

Lavoro come tornitore in un’officina di 15 operai. Tra colleghi spesso si creano tensioni, rivalità, sfide; insomma, quello che più conta e l’io e non l’altro. Qualche giorno fa trovo dei bancali completamente fuori posto, intralciano, forse sono lì per dispetto da parte di qualcuno. Tutti vedono quei bancali ma l’orgoglio è grande e nessuno li vuole spostare. Io penso: “Se non lo faccio io chi lo farà?”. Interrompo il mio lavoro, prendo quei bancali e li porto al loro posto, in ordine. Un mio collega mi vede, eè sorpreso, attirato dal gesto; un’ora dopo ripete il mio gesto con altri tre bancali finiti fuori posto. Giuseppe

Recentemente nella mia ditta c’è stata la verifica ispettiva per il sistema di qualita ISO 9000. Non è mai un momento lieto, per nessuno, in quanto ci si trova sempre a dover rimediare a procedure, moduli, istruzioni operative che non sono stati sistemati fino a quel momento. Sapevo benissimo che da solo non potevo far fronte a tante inefficienze. Come responsabile di magazzino ho cercato di accogliere il revisore con un bel sorriso, certo che l’unica cosa da fare in quel momento era di volergli bene. Subito mi ha chiesto di offrigli un caffè e, dopo una bella chiacchierata, ha incominciato la sua analisi.
Ho cercato di non trascurare nulla di quanto mi chiedeva, fino al punto di fargli fare un giro con il muletto per verificare di persona alcune giacenze. Alla fine, nonostante alcune anomalie (anche gravi), mi ha dato la mano e mi ha salutato, scusandosi per il tempo che aveva sottratto al mio pranzo.
Al momento del bilancio alla direzione, mi è stato poi riferito, oltre a dare una valutazione positiva del magazzino, ottengo un’imprevista sottolineatura della mia preparazione e disponibilità.
E’ proprio vero che l’amore è sempre la “carta” vincente! Graziano

La pubblica amministrazione, anche nelle definizioni piu tradizionali e il punto in cui l’autorità dello Stato si incontra con il cittadino, oppure, in termini più moderni, in cui lo Stato si fa servizio. Vista in questi termini la parola burocrazia viene a perdere tutta la sua connotazione negativa tanto di moda oggi nei giornali e nelle televisioni, per assumere il suo giusto ruolo di mediazione degli interessi contrapposti e di tutela dell’ordinamento giuridico. Nella mia esperienza quotidiana si è trattato a volte di convincere alcuni amministratori a snellire il procedimento amministrativo, di convincerli che una autocertificazione ben poteva sostituire la presentazione di un documento in originale da parte del cittadino per il rilascio della certificazione antimafia. Altre volte ho cercato di far dialogare fra loro due enti pubblici in modo che i database utilizzati da una pubblica amministrazione fossero accessibili pure alle altre e snellire così alcuni tempi morti di acquisizione di dati. Ancora, specialmente nelle procedure di raffreddamento di controversie sindacali finalizzate ad impedire la proclamazione di uno sciopero nei servizi pubblici essenziali, il mio lavoro è consistito nel far dialogare fra loro due parti contrapposte, cercando di far emergere il positivo che ciascuna delle due realtaà separatamente possedeva. Nei colloqui con i tossicodipendenti ho cercato di non mettermi dalla parte di chi giudica il comportamento di chi avevo davanti, ottenendo spesso un dialogo serio e costruttivo. Gian Piero

(esperienze rinvenute nella Rete)